12 x (ø100x44) / time servants

Mirosław Bałka, 2002

Non c’è Drupi qui. Né Michelangelo”

Un cortile vuoto con un pozzo al centro

Una via di fuga è saltarci dentro. Raggiungere l’acqua, giù in basso Oppure saltare oltre le sbarre e poi di là dal muro
Non facile, neanche per un buon saltatore

Il muro tiene il cielo come una cornice. Un cielo azzurrissimo
Le sbarre bla, bla, un’altra storia

Con le foto è più facile

fotografare

- il cielo azzurro

- l’orologio

- dodici sedute

- l’Ultima cena

- e poi... un altro bla bla

No - non è questa la strada per arrivare al cuore

vai là e siediti
la pedana gira,
lentamente avrai l’ortica vicina alla schiena

e come consolazione sappi che un giro completo dura esattamente un minuto

né più, né meno
— Miroslaw Balka, "Arte all'Arte VII", 2002

In occasione della VI edizione di Arte all’Arte la curatrice Emanuela de Cecco ha chiamato a partecipare Mirosław Bałka nel cortile dell’ex carcere di San Domenico a San Gimignano.

“Il lavoro di Miroslaw Balka (Otwock, Polonia, 1958) nasce, come tutti i lavori dell'artista polacco, da una relazione densa con le connotazioni del luogo che la ospita. Se le mura del cortile dell'ex carcere di San Domenico a San Gimignano potessero parlare, ci racconterebbero infatti storie di ogni genere, i desideri compressi, le angosce, i pensieri quotidiani dei detenuti che, nel corso di secoli, vi hanno trascorso le ore d'aria, tutte uguali, per anni.

Con 12 x (ø 100 x 44) / time servants, l'artista da un lato evoca le presenze degli abitanti che, costretti in questo luogo, vi hanno trascorso un tempo dove i giorni, i mesi e gli anni sono scanditi dalla ripetizione indifferente, dove i fantasmi del passato e del futuro diventano inevitabilmente i compagni di strada più fedeli; dall'altro, mette in scena un discorso più ampio che trascende la relazione con il luogo e le connotazioni storiche connesse, per trasformarsi in una riflessione poetica sullo scorrere del tempo e sulla dimensione esistenziale in esso implicita.

Il lavoro di Balka si compone di 12 sedute realizzate con legno usato e posizionate su altrettante basi circolari che si muovono lentamente su se stesse attorno al pozzo centrale preesistente. Accanto a ogni seduta, non esattamente confortevole, è disposto un vaso in alabastro, bianco come la base e contenente una pianta di ortica. Il silenzio del luogo è rotto dal sottofondo ipnotico prodotto dalla caduta dell'acqua della doccia riattivata dall'artista. Il pubblico è implicitamente invitato a sedersi sulle sedie e a lasciarsi andare al ritmo lento della rotazione: chiunque si avvicina è la presenza mancante, pronta a essere accolta sulla seduta vuota.

Sottolineando il vuoto prodotto dall'assenza, l'artista mette l'accento sulla percezione del tempo soggettiva. Ecco dunque che essere liberi o reclusi non riguarda unicamente la condizione esplicita vissuta dai carcerati, ma assume una connotazione con la quale ogni essere umano si trova quotidianamente a fare i conti e che, per esempio, emerge in tutta la sua evidenza ogni volta che, di fronte a una scelta, entriamo in un confronto, spesso doloroso, con le mura che noi stessi costruiamo dall'interno.

L'attitudine a rielaborare le memorie personali, il rapporto col corpo, l'attenzione alle relazioni tra l'opera e lo spazio che la contiene, sono elementi centrali nel lavoro dell'artista sin dagli esordi. (...)”

Emanuela de Cecco, “Arte all’Arte VII”, 2002

Altri progetti di Arte all’Arte VII

Credits

Mirosław Bałka
12 x (ø100x44) / time servants, 2002
12 piattaforme rotanti in metallo con sedute in legno, vaso in alabastro con pianta di ortica, doccia con acqua corrente continua / 12 rotating platforms in metal with wooden seat, alabaster, pot and nettle plant, active, shower
San Gimignano, Arte all’Arte VII
Foto Ela Bialkowska