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PRODOTTI TIPICI
Il Pecorino
L’allevamento ovino è stata una delle attività prevalenti nel Medioevo e nei secoli successivi, sulla quale si è costruita la fortuna di molti comuni toscani. La stessa Siena, nel periodo del suo massimo splendore comunale, aveva nei pascoli una risorsa economica determinante, tanto importante da costruire le basi di una banca come il Monte dei Paschi, ovvero dei pascoli, appunto.
Sistemi do conservazione come il freddo e la pastorizzazione, non erano ancora noti all’uomo, il trasporto delle merci non era così agevole come oggi: quindi il modo migliore per valorizzare il latte era trasformarlo in un prodotto che non doveva essere tanto dissimile dal pecorino dei giorni nostri.
Oggi lo si va dal gusto deciso o più delicato, al tartufo, piccante o con le erbe aromatiche ma le basi della sua realizzazione non cambiano: meglio, infatti, se la lavorazione del latte avviene a crudo, proprio come tanti lustri fa, senza ricorrere alla pastorizzazione che sterilizza sì il latte ma che ne uccide anche i sapori più raffinati. Si passa dunque a riscaldare a cagliare il latte, si riempiono gli stampi di pasta, si pressano e dopo aver aggiunto spezie e sale si lascia riposare.
Durante la stagionatura è importante che il pecorino venga girato più volte, lavato con aceto e ripulite dalla muffa. Il pecorino è adatto ad ogni momento durante il pasto, è un prodotto adatto a tutti e perfetto per una dieta equilibrata.
Cinta senese e Chianina
La cinta senese ha rischiato di scomparire negli anni Settanta, la vacca chianina addirittura un po’ prima con la sostituzione dei buoi attaccati all’aratro con il trattore. Furono gli etruschi i primi ad usare le chianine per i lavori agricoli ma una volta sostituita della meccanizzazione venne salvata, se così si può dire, da un crescente interesse da parte del mercato alimentare.
La cinta senese ha una storia antichissima, raffigurata per la prima volta da Ambrogio Lorenzetti nel suo affresco “Effetti del Buongoverno” (1338-40) si ritrova anche nel pavimento della chiesa di San Sebastiano, all’interno della Cappella dell’Annunziata (1510) e nell’affresco di Sant’Antonio Abate nella Cappella di Casanuova di Ama (1596).
Ancora oggi la cinta sene, così chiamata per via della “cinta” bianca che le avvolge il corpo, cresce tra i boschi della Montagnola, catena collinare che si incontra lasciando lasciandosi alle spalle Siena pochi chilometri a nord ovest. Anche i bovini di razza chianina vivono per lo più all’aperto seppure, a differenza della cinta, lo stato brado puro non sia per loro ottimale. La chianina è protagonista della famosa “bistecca alla fiorentina” – perfetta se alta almeno tre dita, cotta tre minuti a lato e servita con un pizzico di sale e un giro d’olio extravergine – ma con la sua carne si realizzano anche ottimi spezzatini e bolliti. La carne suina di cinta invece si consuma difficilmente fresca, è infatti ottima per essere trasformata in salumi.
La cinta senese ha ottenuto nel 2012 la Denominazione di Origine Protetta (DOP) diventando l’unica razza suina autoctona a poter vantare questa denominazione.
Olio extravergine d’oliva
Quello migliore è rigorosamente extravergine. L’olio d’oliva è il protagonista della dieta mediterranea, nonché il principe dei condimenti. Arrivato dal Medio Oriente, l’ulivo è adesso diffuso in moltissime zone d’Italia dando vita a tanti tipi diversi di olio a seconda di clima e terreno. E’ impossibile dunque parlare di un olio di oliva una cosa però è certa: il migliore si ottiene da olive colte al massimo 48 ore prime d essere frante usando rigorosamente le tradizionali macchine.
La Toscana rientra a buon diritto tra i maggiori produttori di Olio extravergine di oliva, ma come tutti i prodotti di scarsa quantità e alto pregio, è uno dei prodotti a maggior rischio di sofisticazione proprio per evitare questo rischio la provincia di Siena ha ottenuto due denominazioni: una è la DOP “Chianti Classico” che ricalca i confini del DOCG del vino, l’altra è la DOP “Terre di Siena” che comprende il resto della provincia.
Il Vino
Protagonista incontrastata del paesaggio toscano è la vite: da Montalcino, al Chianti, fino a San Gimignano, l’occhio non si stanca di incontrare colli arricchiti da filari di viti. La Toscana è una delle regioni italiane più ricche di vini di alta qualità, sia i rossi, sovrani assoluti, che i bianchi, sono a buon titolo tra i più ambiti proprio per lo stretto legame col territorio di produzione. Scendendo poi nel Senese troviamo la più alta concentrazione di vini di qualità, a denominazione di origine controllata e garantita (DOCG), denominazione di origine controllata (DOC) e indicazione geografica tipica (IGT).
Brunello, Chianti, Nobile, Vernaccia sono considerati gli ambasciatori della cultura agroalimentare toscana:
Vernaccia di San Gimignano
È uno dei vini più antichi tra quelli prodotti in Toscana: a San Gimignano fu portata da Vieri de’ Bardi nel lontano 1200. I suo discendenti riuscirono a diffonderne in breve tempo i vitigni, tanto che nel 1267 il comune di San Gimignano cominciò ad imporre delle tasse sulla quantità di vino portata fuori dal paese. Apprezzato alle corti di papi e signori, la Vernaccia è stato il primo vino italiano a ottenere la certificazione di origine controllata (DOC) nel 1966. Alcuni anni più tardi, nel 1993 ha ottenuto invece l’indicazione di origine controllata e garantita (DOCG), segno della massima tipicità e qualità del vino.
La Vernaccia è perfetta con piatti di terra dai sapori non troppo decisi, antipasti e primi, oppure con formaggi freschi e delicati. Adattissimo anche con il pesce o i crostacei.
Brunello
C’è stato un tempo in cui Montalcino era nota per bontà dei vini bianchi: era il Seicento e il protagonista delle tavole era il “moscadello”. Dal Duecento l’area era considerata ideale per la coltivazione della vite ma il Brunello, così come lo consociamo noi, è comparso solo nell’Ottocento. Lo si deve infatti alla capacità dell’enologo Ferruccio Biondi Santi che comprese le potenzialità del clone di Sangiovese grosso in terreni difficili come quelli del territorio di Montalcino. Le prime bottiglie di Brunello risalgono dunque al 1870 e viene prodotto con un disciplinare rigidissimo: massimo 80 quintali di uva per ettaro e con una resa delle uve non superiore al 70%. Ma perché si chiama Brunello? Pare che siano stati proprio i contadini della zona ad appellarlo così per via del suo colore. Il Brunello è rimasto per anni una questione “privata” della famiglia dei Biondi Santi unica a produrre questo particolare vino, negli anni ’60 del Novecento furono la famiglia dei Colombini a produrne alcune bottiglie, ottenendo però come conseguenza la rottura dell’amicizia con i Biondi Santi. Bisognerà aspettare gli anni Settanta prima del boom del Brunello, che, nonostante abbia poco più di centocinquanta anni è ormai considerato uno dei migliori vini de mondo.
Chianti
Il Chianti e l’esatta determinazione del suo territorio da sempre generano confusione nel consumatore. Nonostante gli sforzi del legislatore, che ha chiaramente indicato i 70mila ettari di colline tra Siena e Firenze per il Chianti Classico, ed ha riconosciuto sottozone all’interno delle due provincie in quelle confinanti, il Chianti, soprattutto all’estero, esprime un concetto ampio e indefinito. Oggi il Chianti ha ottenuto la denominazione DOCG e vista l’ampiezza del territorio di produzione e i diversi microclimi è possibile ottenere vini dalle caratteristiche altrettanto varie.
Se, per rimanere in zona, prendiamo il Chianti dei Colli Senesi ci troveremo a bere un vino giovane, adatto a tutte le portate del pasto, ma anche per i piatti più impegnativi, se lasciato invecchiare qualche anno.
Il tartufo
Generato, almeno secondo il mito, da un fulmine scagliato da Giove vicino a un albero di quercia, il tartufo ha mantenuta intatta nei secoli la sua storia di tubero pregiato e buonissimo. In Toscana lo troviamo soprattutto nella zona di San Giovanni D’Asso, tra le Crete Senesi e la Val d’Orcia ma anche sulle colline di San Miniato. Il tartufo era apprezzato sin dai tempi dei Babilonesi e si trovano testimonianze della sua presenza anche presso i Sumeri, per arrivare poi ai Greci, ai Romani fino ai giorni nostri.
La Toscana è una delle regioni italiane più importanti per la produzione dei tartufi, ne esistono vari tipi a seconda della zona in cui cresce, dal tartufo bianco, al tartufo marzulo e scorzone. Attualmente in Toscana si contano circa 3.500 raccoglitori e una decina di associazioni impegnate nella salvaguardia e nella valorizzazione di questo importante prodotto tipico. Il tartufo è ottimo usato in tantissimi modi diversi, grattato su dei tagliolini ma anche come salsa o a scaglie sopra una tartare.
Lo Zafferano
Lo zafferano era usato già nel “Dugento” sia come moneta di scambio, sia per la tintura dei tessuti ma anche per le sue proprietà curative già note ai farmacisti di allora. Originaria dell’Oriente, la spezia approdò in Italia con il ritorno dei crociati dalla Terra Santa, sebbene sia l’altopiano di Navelli, in provincia dell’Aquila il maggior centro di produzione dello zafferano in Italia, anche la Toscana ha un ruolo di pregio: si diffuse infatti ben presto nell’area di San Gimignano e nella zona a cavallo tra le crete della val d’Arabia e la val d’Orcia. La particolare conformazione del territorio permette infatti di coltivare i bulbi del Crocus.
Dal “Dugento” ad oggi la storia dello zafferano ha avuto fasi alterne, usato inizialmente per ammorbidire, insaporire e talvolta coprire il sapore delle parti mal conservate della carne, col passare del tempo ha finito per essere quasi dimenticato. Ne mantennero la coltivazione solo i monaci dell’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, ed ancora oggi utilizzano gli stilemi essiccati del fioro di Croco per dare colore e sapore ad alcuni distillati e liquori di loro produzione.
Il Pane
Il pane per essere Toscano deve essere “sciocco”, ovvero senza sale, lo si sa da quando Dante nel suo Paradiso fece dire a Cacciaguida: “come sa di sale lo pane altrui” per sottolineare questa sua particolarità. Una caratteristica che ben si sposa con la corposità della cucina di questa terra sono infatti i formaggi e i numerosissimi affettati a dare al pane la sua sapidità. Con il passare dei giorni il pane si “rafferma” diventando perfetto alcuni dei principali piatti della tradizione toscana: dalla ribollita, alla panzanella fino alla pappa col pomodoro.
Il Panforte
Il panforte rappresenta l’evoluzione del “Panpepato”, dolce del ‘300 frutto di una miscela di spezie orientali, mandorle e canditi, e fu creato nell’800 in occasione della visita della Regina Margherita a Siena. Realizzato usando mandorle, noci, frutta candita, cannella zucchero e un po’ di farina, sembra all’apparenza semplice, ma il vero segreto del panforte sono le dosi, segretamente custodite e tramandate di generazione in generazione dai pasticceri senesi.