Intervista di Jérôme Sans
Che cosa significa UMOCA?
Fa parte del più ampio progetto dei MoCA. Il primo è nato l’anno scorso in Giappone e si chiamava DMOCA. DMOCA usava gli spazi di una fornace abbandonata, che in Cina si chiama “forno del drago”, ecco da dove deriva il nome del museo: Dragon Museum of Contemporary Art. E poi questo secondo museo l’UMoCA dove U sta per “under”, visto che è sotto le arcate di un ponte.
Come è nata quest’idea?
Risponde all’apertura dei vari Guggenheim nel mondo, delle catene di McDonald, Kentucky Fried Chicken, Starbucks… La mia ambizione è di superare con la mia catena i Guggenheim in pochi anni, sia per numero che per efficienza. La serie dei miei MoCA sarà più vicina al fruitore locale e offrirà un migliore servizio alla comunità locale nel suo complesso. Storia e cultura locali sono sempre prese in considerazione. Prendiamo per esempio quello in Giappone: anche se la fornace viene dalla Cina, le comunità locali giapponesi sono storicamente luoghi dove si fa ceramica. E ugualmente qui, a Colle, ho usato un ponte che collegava il monastero con la città. Invece del camminamento, normalmente frequentato, ho preferito rianimare il meno usuale spazio sottostante. Mi è giunta voce che il Sindaco abbia particolarmente gradito quest’idea e voglia trasformare il luogo in parco artistico o culturale.
In modo diverso, dal punto di vista concettuale, questo lavoro è una sfida per me, per l’artista che ho invitato, per i curatori che a loro volta hanno invitato me a realizzare questo progetto che mescola e confonde ruoli e competenze di ognuno. Per esempio io e te, Jérôme, abbiamo aspettato dieci anni per poter lavorare insieme e alla fine ecco l’occasione giusta per invitarmi a questa manifestazione e, lo stesso giorno, ti sostituisco assumendo ruolo di curatore.
Come funzionerà questo museo?
Il museo possiede 10 stanze: 3 sale espositive, la direzione, la collezione, il punto informazioni, il gift shop, il guardaroba, i servizi e la caffetteria. Abbiamo due insegne imponenti, molto importanti per il museo, ben più importanti di un biglietto da visita. Il nostro spazio è limitato, ma da lontano, grazie alle insegne, sembra enorme. Il museo ha un comitato direttivo, dove figurano anche i curatori di questa mostra, il sindaco di Colle, a cui spero si aggiungano in futuro ricchi collezionisti. In questa mostra in particolare il pubblico può partecipare a varie attività e il denaro ricavato dai giochi proposti confluirà nei fondi del museo. Ogni anno tornerò personalmente a curare qui una mostra.
Come colleghi questo progetto alle opere pirotecniche per cui sei famoso?
Forse il rapporto sta nelle qualità di improvvisazione e sul non avere un metodo di lavoro prefissato. Questi sono i tratti che accomunano tutta la mia produzione artistica. E poi l’interesse per il luogo. In questo caso, l’aver invitato Ni Tsai Chin a partecipare a questa mostra si collega con il fatto che qualche anno fa, era stato lui a invitare me a far esplodere il suo museo. Per me far esplodere un museo o fondarlo è la stessa cosa.
“Arte all’Arte VI”, 2001