José Antonio Hernàndez – Diez
“José Antonio Hernàndez-Diez ha scelto di collocare la sua opera nelle cantine del Castello di Linari, installando su un piano formato da vecchi travetti di legno due giganti contenitori in cartone (che rimandano a quelli in tetrapak per il vino in vendita nei supermercati), protesi verticale di due televisori che trasmettono il video di un improbabile “frutto” da cui sgorga un liquido. Di fronte, sparse tra botti e travi, tre scatole per la pizza contenenti dei televisori con un video che mostra le punte dei piedi congiunti di un neonato che fuoriescono da un’apertura sottile in una membrana. Apologia del “junk food” e critica della società dei consumi: lo spettro della globalizzazione aleggia nelle cantine.”
Jérôme Sans, “Arte all’Arte VI”, 2001
Ottonella Mocellin
“Ottonella Mocellin Una storia si dipana come un gomitolo all’interno dell’antica casa dalla cantina al sommo della torre, dall’oscurità alla luce, dal basso in alto. L’opera di Ottonella Mocellin ha questo impianto lineare che in effetti è più letterale che sostanziale. Di fatto la narrazione si sfrangia e si frantuma in visioni e apparizioni. Nella cantina una proiezione video restituisce l’immagine delle mani che dipanano il filo attraverso un lungo percorso attraverso la casa: come la struttura di un racconto senza racconto o con un altro racconto che è quello offerto dalla visione dell’attraversamento della vecchia casa. Sulla torre un gomitolo rosso che è evidentemente quello del filo che abbiamo visto in immagine sotto. Forse, ma potrebbe esser tutt’altra storia. Dal gomitolo scaturisce il suono di un racconto che narra una storia, antica come la casa, di stregoneria, di rapimenti, di sdoppiamenti e di diversità.”
Pier Luigi Tazzi, “Arte all’Arte VI”, 2001