Mario Merz, Tacita Dean, 2002

“Avevo già incontrato Mario tre volte prima di quest’estate a San Gimignano. La prima volta era stata a Bologna, lo avevo visto, osservato, e alla fine, dopo cena, mi ero avvicinata e gli avevo detto che era identico a mio padre. Mi aveva baciato la mano e se ne era andato. Dopo questo incontro ho perseguitato la fotografa ufficiale del museo per avere una sua foto; mi ha promesso che me l’avrebbe mandata, ma poi non l’ha fatto. Volevo affiancare le immagini dei due uomini per documentare la somiglianza a riprova della mia obiettività. L’ho rivisto a Parigi, mi sono imbattuta con lui e Marisa che facevano colazione in Place des Vosges. E poi ancora alla Biennale di Venezia dove ho tentato spudoratamente di fotografarlo con una macchina in prestito prima che si scaricasse la pila e tornasse il legittimo proprietario. Per questo a San Gimignano, quando sono entrata in quel giardino e ho visto Mario a capotavola che pranzava sotto gli alberi, ho sentito l’impulso irrefrenabile di riprendere a scrutarlo. Quando sono tornata la volta seguente ho portato con me la cinepresa. Per una settimana mi hanno accompagnata in giro alla ricerca di un soggetto per il mio progetto, ma non sono giunta a niente. E ogni sera cenavamo tutti insieme intorno al tavolo, sotto gli alberi, e potevo osservare il mio vero – e apparentemente irraggiungibile – oggetto del desiderio. L’ultimo giorno non avevo scelta, dovevo provarci. Dopo un gelato cioccolato e frutti di bosco gli ho detto: “Mario posso girare?” “Va bene” ha risposto “Ma senza parlare”. Così quel pomeriggio in giardino, al tavolo sotto gli alberi, abbiamo girato il film. Mario ha raccolto una grossa pigna e se l’è messa in grembo. Mentre Mario chiacchierava il sole andava e veniva a scatti con estemporanei e maldestri effetti di luce e ombra, dalla piazza principale arrivava il rintocco funebre delle campane, le cicale frinivano interrompendosi e riprendendo a loro piacimento e i corvi volavano avanti e indietro dal tetto. Ha cambiato varie sedie e postazioni nel giardino, e sono riuscita a girare quattro bobine prima che il sole fosse offuscato da nubi minacciose e scoppiasse il temporale. Ma è successo dell’altro. All’improvviso non riconoscevo più i lineamenti di mio padre nel volto di Mario, né nei movimenti delle mani o nel modo di camminare a piccoli passi. Sembrava che l’origine stessa del mio desiderio si fosse autodistrutta e che girando il film mi fossi purificata dalla mia soggettività. Alla fine Mario Merz era diventato per me Mario Merz. Era come se l’ingannevole somiglianza con mio padre non fosse stata altro che il mezzo per farmi girare un film di Mario in giardino quel pomeriggio a San Gimignano. E la somiglianza impressionante e inquietante con mio padre ormai riuscivo a malapena a vederla.”

— Tacita Dean, Arte all’Arte VII, 2002

Art Exhibitions

Talks

In occasione della VII edizione di Art to Art, il curatrice Emanuela De Cecco ha chiamato a partecipare Tacita Dean, che proietta, al circolo di Mensano, un nuovo film in 16 mm della durata di otto minuti e mezzo, girato appositamente per la mostra a San Gimignano: una sorta di ritratto poetico e concentrato di Mario Merz che ha preso corpo nel periodo di preparazione della mostra.

"The work of Tacita Dean (Canterbury, UK, 1965) takes shape across a variety of media, from drawing to photography to sound, but the artist is internationally known primarily for her 16 mm films. Shot with long takes and a fixed camera, often silent, they create a sense of stillness in which an enigmatic and mysterious atmosphere prevails, where the narrative—frequently inspired by real events—preserves a space in which the viewer is free to confront their own fears and desires. Among the recurring elements are water, images of the coastline where land meets sea, and abandoned architecture—silent witnesses to past lives. In more than one film, the lighthouse appears as a central narrative motif or significant detail. The cyclical regularity of the emitted light signal contrasts with the immeasurable vastness of the surrounding landscape and, as a man-made structure, isolated and surrounded by the immensity of the sea, it becomes in turn a metaphor for the human condition.
(…)
Tacita Dean presents a new 16 mm film, eight and a half minutes long, shot specifically for Arte all’Arte: a kind of poetic and concentrated portrait of Mario Merz that took shape during the preparation period of the exhibition and found its ideal placement in the small cinema within the Mensano social club, a few kilometers from Casole di Val d’Elsa. A unique work filmed by the English artist: fragments of conversation on an afternoon in the garden, the sudden shift of light due to the arrival of a storm, moments of silence, a few spontaneous words, comments on daily rhythms, and the intense presence of the protagonist. A glimpse of Marisa Merz, an artist featured in the exhibition, can be seen, and other voices are heard. Mario Merz, in addition to being a kind of tribute to one of the most important figures in Italian and international art from the postwar period to today, stands as a poetic reflection on the passage of time—a recurring theme throughout Tacita Dean’s entire body of work.

The participation of the English artist in Arte all’Arte is completed with the creation of a series of drawings on alabaster, exhibited in the spaces of the Chiesa delle Serve di Maria in Casole d’Elsa: Tacita Dean worked on six alabaster slabs with her delicate and intentionally uncertain line, engraving maps of imaginary territories that seem to emerge directly from the veins of the material itself. Upon closer inspection, one can make out paths, faintly sketched writings, and small drawings."

Emanuela De Cecco, Arte all’Arte VII, 2002

Credits

Tacita Dean
Mario Merz, 2002
16mm colour film, optical sound, 8’30’’ / Film 16 mm a colori con colonna sonora ottica
Mensano, Casole d’Elsa
Arte all’Arte VII

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